Una bocciatura allo scritto non dovrebbe bloccare l'accesso all'orale

Gli esami scritto e orale, sono appunto, scritto E orale, perché se si viene bocciati allo scritto non si può fare l'orale?

L'università italiana ha deciso che i voti sono in trentesimi ma in realtà vanno dal 18 al 30, perché non posso avere 12 allo scritto e fare un orale da 28 e la media fa 20? I professori fanno pesare di più lo scritto abbasserebbero la media e altri il contrario, come del resto si è sempre fatto con i voti dal 18 al 30. È anche ironico perché alle scuole superiori il 3 lo avevi.

Di solito lo scritto rispecchia le competenze, l'orale le conoscenze, chi è che ha deciso che non posso verificare le conoscenze anche se non ho dimostrato sufficienza nelle competenze? In italia si può essere competenti e conoscenti, competenti e non conoscenti ma non incompetenti e conoscenti (ironico perché poi così non è).

Per me non ha senso precludere l'accesso all'orale per svariati motivi che vanno a favore dello studente.

1) È opzionale, così come è fare l'orale dopo uno scritto superato, puoi sempre non presentarti e rifiutare lo scritto.

2) Dà più chance agli studenti di proseguire verso la laurea -> più laureati (in italia non sono tanti statisticamente parlando).

3) Tentare l'orale non fa male, ti fa fare pratica delle tue conoscenze.

4) Principio, se l'esame è scritto E orale, si dovrebbe partecipare a entrambi.

Siccome sento in lontananza i soliti gorilla scrivere "i professori si scocciano/non hanno tempo/sarebbe inefficiente" io rispondo dicendo che sono cavoli loro che vogliono fare gli esami orali, mica in ogni paese si fanno, se li vogliono allora anche i professori di analisi 1 che hanno 250 compiti da correggere dovrebbero fare 250 orali, se non vogliono possono fare come letteralmente in tutto il resto del mondo.

Qua sembra che vogliono mantenere la loro cultura classicheggiante ed accademica del cazzo mentre non essere coerenti con le loro scelte solo perché fa comodo a loro.

È un ingiustizia dormiente e nascosta in un paese di pecore, come tante altre del resto.